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Itinerario – da Manzano

Le trincee del Nagià Grom, rese percorribili grazie al lavoro di ripristino e pulizia della Sezione ANA di Mori, vennero costruite ad anello sulla parte sommitale del monte. Percorrendole è facile rendersi conto della cura con cui vennero realizzate, seguendo scrupolosamente le norme regolamentari.

Il loro andamento tortuoso doveva limitare gli effetti delle esplosioni; in molti tratti sono ancora visibili i punti di appoggio delle strutture di copertura e il gradino in pietra sul quale i soldati salivano per osservare e sparare.
Il percorso è semplice ed adatto a tutti, il dislivello è minimo ed il tempo di visita dell’intero campo trincerato è di circa 1 ora.
Attraverso un ripido ma breve sentiero nel bosco, si raggiunge la località “Busa delle anime” dove è possibile vedere i resti di una cisterna d’acqua che durante la guerra veniva alimentata attraverso tubazioni.
Nei pressi si scorge l’ingresso di uno dei numerosi depositi scavati in roccia presenti sul Nagià Grom, utilizzati per materiali, viveri e munizioni o come ricovero. L’ingresso di queste caverne era sempre protetto da una parete di cemento armato o da sistemi che impedivano che le schegge prodotte dallo scoppio di proietti di artiglieria e gli effetti d’onda d’urto penetrassero all’interno.
Dalla cisterna il percorso prosegue in direzione nord-ovest dove è visibile un basamento con dei supporti in cemento, destinati ad ospitare i generatori dell’energia elettrica che veniva poi diramata nelle varie postazioni.
Proseguendo all’interno di una trincea, dopo poche decine di metri ci si imbatte in una croce (dono di Bruno Dorigatti, restaurata dalla Croce Nera Austriaca) con una targa che commemora i caduti dei due eserciti.
Poco oltre, una seconda croce ricorda la morte di tre bambini di Manzano provocata dallo scoppio di residuati bellici.
La trincea prosegue sul versante occidentale in direzione sud; la vista si apre verso le pendici del monte Baldo e la parte settentrionale del Lago di Garda.
Dopo alcune decine di metri si raggiunge la zona delle cucine: il lavoro degli Alpini ha reso nuovamente visibili numerosi fuochi e i resti di un camino per anni nascosti dalla vegetazione e da cumuli di macerie.
Come tutte le aree destinate a servizi, anche per realizzare le cucine l’esercito austro-ungarico aveva scelto un terrazzamento addossato alla roccia orientato verso nord; in tal modo l’area risultava invisibile agli osservatori italiani situati sul Monte Baldo e difficilissimo da colpire con le artiglierie.
Foto aeree dell’epoca testimoniano che l’intera area era coperta da tettoie di legno.
I lavori di disboscamento hanno messo in luce anche un manufatto di grandi dimensioni adiacente alle cucine.