L'Artiglieria
Sul Nagià Grom l’esercito austro-ungarico realizzò postazioni d’artiglieria (in caverna ed “in barbetta”, cioè all’aperto), osservatori d’artiglieria e una piazzola per un riflettore.
Nel corso del conflitto le artiglierie del caposaldo appoggiarono le operazioni militari del settore senza che la struttura fosse mai direttamente coinvolta in combattimenti ravvicinati; i numerosi crateri ancora oggi visibili testimoniano però che l’area fu bombardata dagli italiani.
Dagli osservatori gli ufficiali addetti verificavano la correttezza e l’efficacia dei tiri e, attraverso linee telefoniche, comunicavano le informazioni raccolte alla direzione di tiro.
Dall’osservatorio in cemento posizionato sulla sommità del Nagià Grom è possibile spaziare con lo sguardo su un’ampia porzione del Trentino meridionale, tra il Col Santo e le propaggini settentrionali del Pasubio, ad est, e la Rocchetta sulla sponda occidentale del lago di Garda, ad ovest.
Il territorio controllato corrispondeva al campo di tiro delle artiglierie e comprendeva il settore tra il monte Zugna ad est e la Rocchetta ad ovest, dove erano le prime linee italiane.
Per l’esercito austro-ungarico era fondamentale localizzare le artiglierie italiane di questo settore: i piccoli calibri sui costoni che discendono dal monte Altissimo di Nago proteggevano la prima linea italiana
e tenevano sotto tiro quella austro-ungarica.
I medi calibri italiani erano invece più arretrati, lungo il crinale che dal monte Vignola prosegue verso ovest, sull’Altissimo di Nago e sul Varagna.
La presenza di crateri di granate di medio calibro intorno all’osservatorio testimonia che strutture come questa erano sottoposte a pesanti bombardamenti dal nemico: la loro distruzione permetteva di “accecare” le artiglierie avversarie e di ridurne la precisione del tiro.
Cannone italiano da 149 A
sul Monte Altissimo
[Archivio fotografico Museo della Guerra, MGR 143/9]