Il 31 luglio 1914 fu emanato dall’Imperatore dell’Impero Austro-Ungarico l’ordine di “leva di massa”, furono mobilitate subito diciannove classi.
Non vi furono manifestazioni di gioia, ma piuttosto sconcerto e paura, perché non c’era un senso di forte legame con l’Austria.
La leva di massa sconvolse l’economia e il morale della popolazione perché fu una notizia inaspettata. Moltissimi uomini della Val di Gresta, fra i ventuno e i quarantadue anni, abili alle armi, partirono dalle loro case per raggiungere le caserme di destinazione, dette “depositi reggimentali”, presenti a Riva del Garda, Rovereto, Trento, Bolzano, Innsbruck, Hall, Lambach e Wels.
Qui ottenevano la divisa, l’equipaggiamento e venivano affidati o ad una delle compagnie di marcia dei quattro reggimenti dei Tiroler Kaiserjäger o a uno dei tre reggimenti di montagna (Landsschützen o alpini). Ricevevano un’infarinatura generale e sommaria sull’arte della guerra.
Caratteristica distintiva dell’esercito asburgico era la sua composizione plurinazionale, ma questo era anche il suo punto debole.
I soldati venivano mandati a combattere lontani dalla loro regione di provenienza, combattevano per uno Stato che sentivano straniero.
Oltre che per gli italiani il rischio di diserzione era sempre presente anche per i soldati cechi, serbi e rumeni.
Composizione esercito austro-ungarico nel 1914, su 100 soldati:
25 austriaci;
23 ungheresi;
13 cechi;
9 croati-bosniaci;
8 polacchi;
7 rumeni;
4 slovacchi;
2 sloveni;
1 italiano.(2)
Le minoranze difficili, come quella trentina, erano affidate a reggimenti misti, comandati da ufficiali austriaci o ungheresi. I trentini furono oggetto di discriminazione nell’assegnazione al corpo e nella concessione delle licenze, erano considerati dal Comando supremo non affidabili, dei traditori. Dispersi in molti corpi, ai trentini fu impedito di integrarsi con gli altri soldati, questo provocò la nascita di un risentimento nei confronti degli ufficiali. Nel maggio 1915, dopo l’entrata in guerra dell’Italia, la leva fu estesa a tutti gli uomini dai diciotto ai cinquanta anni: altri 20.000 partirono militari. Da questa data in poi i maltrattamenti e le punizioni nei confronti dei trentini divennero più frequenti. Anche a livello di opinione pubblica, l’Italia era considerata un nemico tradizionale e quindi i Trentini, visti con sospetto. Il Trentino, essendo regione di confine politico- culturale- linguistico, inevitabilmente si trovava a essere, con i suoi abitanti, molto differente rispetto alle altre zone dell’Impero. Era per questo facile muovere verso i soldati tridentini accuse di tradimento o irredentismo. L’irredentismo è un movimento politico che si propone di riunire all’Italia le terre soggette all’Austria dopo la terza guerra d’indipendenza. Si poneva l’accento sull’importanza di riunire la minoranza italiana alla naturale madrepatria, l’Italia. Le persone che credevano in questa causa, nella maggior parte dei casi si arruolarono volontarinell’esercito italiano, combattendo in prima persona a favore del passaggio del Trentino, del Friuli Venezia – Giulia e dell’Istria al Regno d’Italia.
Cesare Battisti e Fabio Filzi sono gli esponenti più conosciuti dell’irredentismo trentino, anche a causa della loro tragica fine.
(1) Parole d’inizio del messaggio imperiale che accompagnava la dichiarazione di guerra alla Serbia.
(2) Dalponte L., I bersaglieri tirolesi nel trentino 1915-1918, Trento, Casa Editrice Publilux, 1994, p.22.