Fino a qui abbiamo seguito le sorti dei combattenti grestani durante la guerra, ma non bisogna tralasciare l’effetto che questa ebbe sui chi rimase lontano dal fronte. Donne, anziani e bambini si trovarono ad essere gli unici abitanti della Val di Gresta, oltre ai militari. I soldati partono e le loro famiglie restano orfane. La scrittura femminile, piena d’emotività, descrive al meglio questa situazione. Nel diario di Cecilia emerge che la donna si sente di dover “combattere” non per se stessa, ma per i suoi figli, il marito lontano, il padre anziano. La vita di mogli, sorelle e cognate sarà ora una ricerca continua d’informazioni sui loro cari, chi scrive, chi cade ferito, chi invece non comunica sue notizie da molto. Dopo la chiamata alle armi degli “abili”, il diario di Cecilia è un resoconto di lettere, cartoline, voci, elenchi di richiamati e preoccupazioni.
La donna soffre vedendo i campi, pronti per il raccolto, abbandonati, gli animali che non vengono condotti al pascolo e inizia a rendersi conto che nulla sarà più come prima.
Le donne di Nomesino danno prova di essere molto decise nel voler ottenere quello che spetta loro di diritto, quando vengono a sapere che alle famiglie dei militari è garantito un sussidio. In un primo momento ricevono risposta negativa, perché gli amministratori pensavano di dover pagare di tasca loro.
“Difatti quando furono stanchi di vederci li a seccarli ci firmaronno forzatamente le carte”(36) e tutti ricevettero il dovuto.
Alcune donne, fra cui Cecilia, non ricevendo da mesi notizie dai mariti, con l’aiuto del parroco di Manzano, scrivono una lettera per chiedere notizie al reparto prigionieri e internati della Croce Rossa. Cecilia riporta anche la difficoltà di acquistare il cibo, si lamenta che i prezzi aumentano dalla mattina alla sera e che i soldi non bastano mai. Si nota nelle sue parole una nota di pessimismo, Cecilia sente che il futuro sarà peggiore. Denuncia anche la devastazione che sta subendo il territorio: i militari sequestrano la campagna, non ci sono più né animali, ne pascoli, né fieno. “Nomesino! che era il paese più ricco di pascoli e foraggi senza saperlo diventerà il piùpovero!”(37).
La signora Pizzini ha il pensiero fisso del marito, alcune volte parla di “fitta al cuore”. Quelle poche volte che ha la possibilità di vederlo i loro incontri sono densi di emozioni, toccanti. Una di queste visite si svolge presso una caserma di Trento: “[…]ed eccolo, che lo scorgo!Per un minuto mi fermo e lo guardo[…]io mi sono ritirata come se quella vista fosse un sogno”. (38)
Il marito non voleva farsi vedere a causa del suo cattivo stato di salute e igienico, poi la voglia di riabbracciare la moglie e il padre prevale. Cecilia non risparmia i dettagli come i pidocchi che camminano sulle spalle del marito. Molto interessante anche la riflessione che Cecilia fa quando agli scolari viene chiesto di andare per le case a chiedere oggetti di metallo, rame, etc. “noi non ne avevamo da regalarle ma credo che per questo non avrà da lamentarsi gli ho regalato un oggetto assai più prezioso del metallo gli ho datto quanto va di più caro al cuor mio il mio amatissimo sposo”.(39)
La donna è ansiosa di avere notizie sulla guerra, vuole capire a cosa è sottoposto suo ma possibili. Egli si sofferma sul momento in cui è stato ferito, descrive com’è stato colpito, ma anche come ha risposto uccidendo il suo avversario. “Oh! Orrore non si vorrebbe e si deve farlo per compiere il dovere.”(40), così reagisce Cecilia, arrendendosi alla dura realtà. Cecilia mostra di essere rassegnata agli eventi, ha fede in Dio e crede che sia giusto abbandonarsi alla sua volontà, senza lasciarsi prendere dalla disperazione.
rito. Per questo, quando Valentino Rizzi, suo compaesano, torna in paese dal fronte galiziano, gli chiede di raccontargli più cose possibili. Egli si sofferma sul momento in cui è stato ferito, descrive com’è stato colpito, ma anche come ha risposto uccidendo il suo avversario.
“Oh! Orrore non si vorrebbe e si deve farlo per compiere il dovere.”(40),
così reagisce Cecilia, arrendendosi alla dura realtà. Cecilia mostra di essere rassegnata agli eventi, ha fede in Dio e crede che sia giusto abbandonarsi alla sua volontà, senza lasciarsi prendere dalla disperazione. Nei momenti più importanti lei prega sempre, Dio, S. Maria, Antonio da Padova e il Papa.
(36) Pizzini C., Scritture di guerra, Museo storico in Trento e Museo storico italiano della guerra di Rovereto, Rovereto, 1996, vol.5, p.168.
(37) Ivi, p.158.
)38) Miorelli A. (a cura di), “Senza una metta, senza destinazione”. Diari, ricordi, testimonianze di profughi trentini in esilio 1914-1919, Mori (Trento), Biblioteca comunale di Mori, 1989, p.30.
(39) Pizzini C., Scritture di guerra, Museo storico in Trento e Museo storico italiano della guerra di Rovereto,
1996, vol.5, p.157
(40) Ivi, p.139