Per descrivere al meglio quanto la guerra stravolse la Val di Gresta è utile riportare alcuni stralci del diario di Cecilia Pizzini.
Cecilia prova un grande amore per il suo “paesello”, Nomesino, è attenta a ciò che i militari compiono sul suo territorio e soffre per la devastazione che la circonda.
La giovane riporta con molta cura gli avvenimenti che succedono sul Faé, luogo di cui lei ha meravigliosi ricordi d’infanzia.
Il giorno 3 Febraio tutti l’uomini sotto i 50 anni devono andare al lavoro pel governo anche questi da Nomesino, anche mio padre (ma volontario) qui sul nostro fae.(6)”
Secondo le stime di Cecilia sul Faé sono presenti circa 300 soldati stranieri:
Oi!me! son tutte voci nuove oltre a questo non si capisce un zero vi sono tedeschi, Slavi, Greci, Ungheresi, Boemi, ecc ecc d’ogni nazione e loro non capiscono Italiano .(7)
Più avanti afferma che molto spesso i soldati litigano fra loro, ma che non capisce le ragioni del contendere. Racconta anche delle numerosissime mine che vengono scoppiate e le voci che parlano di un imminente arrivo di un cannone.
Verosimilmente arrivarono circa 5000 soldati e lavoranti stranieri, numero che superava notevolmente quello degli abitanti della valle.
“I lavori continuano energicamente dal ponte di Sacco in su fino al nostro faé si combuta 7000 lavoratori non si bada a chi è il proprietario si anienta campi si talia piante si travolge tutto sosopra senza permesso di nissuno; la nostra selva! …Oh!…quel caro luogo di giuochi e risa spensierate di tanta gioventù. Quel’erbetta testimone di balsamici affetti di tanti cuori giovanili; mentre al sicuro pascolava il loro bestiame.[…] Non può entrare niuno a vedere, senza la divisa di lavoratore”.(8)
Il giorno di Pasqua del 1915 si reca sul Faé, sgombro dai lavoratori a causa della festività, questa la sua impressione: “Oime! sei tu mio caro fae luogo mio delizioso memore di tante mie dolcezze verginee??sei tu? io non ti conosco!!.Ad un tratto mi fermo quasi immobile e alla testa mi fo appoggio colle mani e mi trovo nella più profonda mestizia”.(9)
Non contenta, alcune settimane dopo si offre di portare la cena a suo padre: È anche molto curiosa, le interessa vedere il cannone e si spinge dove altri, per paura, non hanno osato. Gli sconvolgimenti compiuti sul Faé hanno un risvolto profondo nell’animo di Cecilia, è come se fosse stata ferita lei stessa, ha la forza di indignarsi per questi stranieri che si sentono padroni di tutto e di tutti. Nel mese di maggio sono impiegate anche le ragazze per costruire le trincee, esse sono adibite al trasporto della sabbia e ricevono una piccola paga.
(6) Miorelli A. (a cura di), “Senza una metta, senza destinazione”. Diari, ricordi, testimonianze di profughi trentini in esilio 1914-1919, Mori, Biblioteca comunale di Mori, 1989, p.33.
(7) Ivi, p.35.
(8) Ivi, p.37.
(9) Ivi, p.39.
(10) Miorelli A. (a cura di), “Senza una metta, senza destinazzione”, p.45.