PRIGIONIA IN RUSSIA

Dopo la cattura i prigionieri erano divisi in due gruppi: ufficiali e soldati e costretti a raggiungere le retrovie per lo smistamento. Nei diari corre spesso il  ricordo della pietà delle donne galiziane, donavano ai soldati acqua, pane e soprattutto non li guardavano con disprezzo.
Nell’autunno del 1914 iniziarono le trattative fra Italia e Russia per decidere la sorte dei soldati irredenti caduti prigionieri.
Una svolta si ebbe solo quando l’Italia abbandonò la sua neutralità.
L’ambasciatore italiano a Mosca iniziò un lungo percorso volto a rintracciare i prigionieri, dispersi per l’immenso territorio dello Zar.
Essi dovevano fare una dichiarazione d’italianità per poi essere, con modalità incerte, rimpatriati per combattere al  fianco  degli  italiani.
Solo  in  un  secondo  momento  furono  tolti  gli obblighi militari.
La maggior parte dei trentini restò indecisa sul da farsi: le loro famiglie erano ancora disperse nell’Impero Asburgico, non sarebbero potuti  andare  ai  loro  paesi  e,  soprattutto, avrebbero dovuto combattere ancora. Alla fine di giugno del 1916 il Ministero italiano della Guerra creò la Missione militare speciale che doveva recarsi in Russia per portare in Italia il grosso dei prigionieri.
Il percorso deciso era lungo e  tortuoso: partenza da Arcangelo sul Mar Bianco, per poi arrivare in Inghilterra, da qui in Francia e infine in treno fino all’Italia.
Il primo scaglione partì il 14 settembre e arrivò a Torino il 3 ottobre.

La legione Trentina raggruppata ai piedi del monumento a Dante,
10.Nov.1918. Con il tricolore, il figlio di Cesare Battisti – Gigino Battisti

Nel 1917 si costituì a Firenze la “Legione Trentina”, associazione che univa i volontari trentini e che mirava ad aiutare moralmente e materialmente i combattenti trentini nell’esercito italiano.
Essa s’interessò anche della sorte dei prigionieri trentini in Russia e fece pressione presso il Presidente del Consiglio italiano affinché s’impegnasse a farli rimpatriare.
L’associazione ottenne il miglioramento delle loro condizioni di vita e in seguito la graduale liberazione dei reclusi.
Il rimpatrio dei prigionieri fu lungo e discontinuo, si protrarrà fino al 1918.
I primi trentini che tornarono sul suolo natio non furono quelli che presero parte ai ritorni  organizzati, ma quelli che intrapresero personalmente il viaggio di ritorno.
Nell’immediato dopo guerra rimasero in Russia circa mille prigionieri Trentini.

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