PANNONE E VARANO

RONZO CHIENIS

PANNONE E VARANO

VALLE SAN FELICE

MANZANO E CORNIANO

NOMESINO

LOPPIO

PANNONE CASTEL GRESTA E VARANO

Per quanto riguarda l’origine del toponimo e del paese trova oggi sempre maggiori consensi l’ipotesi degli studiosi che ritengono Pannone, e quindi Gardumo, abitati da ”Pannoni”, scesi in Italia secondo Paolo Diacono con i Longobardi di Alboino. Si hanno notizie incerte di rinvenimenti preistorici mentre frequenti su tutto il territorio sono i rinvenimenti di epoca romana e tardo-romana, costituiti essenzialmente da monete, sepolture, embrici ed altri cocci. Incerti sono stati fino ad alcuni anni fa i reperti d’epoca barbarica quando presso la chiesetta di San Tome’ è stata rinvenuta una grande sepoltura d’epoca longobarda.
Il comune catastale di Pannone (mt 760) ha una superficie di 444.2653 ettari e si estende dai 220 mt di Nago, ai 1200 mt di Brugnolo ed ai 1285 mt. sulla dorsale del Biaena.
Il paese è posto su un vasto piano di campagna, solcato profondamente dal Rio Gresta e chiuso a sud dalle alture del Castel Gresta e ad est dal fianco boscoso del Monte Biaena.
Ad occidente l’altopiano di Castellano di Pannone guarda verso il Lago di Garda e si protende fino a Nago con una larga costa ovale coltivata, dove la tradizione localizza i paesi scomparsi di San Tommaso e più in alto di Corte, posti, come Pannone, lungo l’antica strada romana che dal Lago di Garda portava alla Destra-Adige. Pannone divenne il paese centrale di Gardumo dal quattordicesimo secolo perchè nelle sue vicinanze c’era Castel Gresta, dimora dei signori di Castelbarco e sede della giurisdizione di Gresta.
Nei primi decenni del sedicesimo secolo visse nel castello Nostra di Castelbarco, figlia del barone Nicolò, ricordata per la sua triste storia d’amore con un giovane dei Madruzzo, che erano i signori di Brentonico e nemici della sua famiglia.
Il castello fu conquistato e incendiato dai francesi di Vandòme nel 1703. Da allora la sede del giudice di Gresta fu a Pannone e nel paese si riunivano inoltre i massari o sindaci dei cinque comuni della giurisdizione, Ronzo, Chienis, Varano, Pannone e Valle, per deliberare sulle iniziative di interesse comune.
Al 1758 risale il primo statuto conosciuto, “Estratto del pubblico governo economico della comunità di Pannone” e al 1768 “l’Estimo generale dell’onoranda comunità di Pannone”. L’istruzione elementare obbligatoria venne introdotta verso il 1780. Durante il regno napoleonico d’Italia le cinque comunità di Gresta con Manzano e Nomesino costituirono il grande comune di Pannone, che ripropose così l’originaria unità amministrativa dell’antica pieve di Gardumo. Esso venne sciolto al ritorno degli Austriaci e si ricostituirono i sette o sei comuni precedenti.

Nell’Ottocento

Il nuovo piccolo comune di Pannone comprendeva nell’800 due frazioni, Varano e il Molino, ed inoltre due masi abitati, Naranch e Campedello; esso era il comune più popolato della Val di Gresta.
Il Molino è un abitato posto ad est del paese presso l’antico ponte sul Rio Gresta dove c’erano due o tre mulini dei quali fino a qualche decennio fa ne restò in funzione uno, che ancora oggi conserva la macchina idraulica; vi era inoltre una segheria e poco più a valle un’antica fucina con il maglio idraulico, che ancora oggi è funzionante; più a valle, in Pile, c’era un altro piccolo mulino.
A Castellano ed a San Tomè , dove si trova l’antica chiesta romanica di San Tommaso, vi erano diverse “casote” che servivano da stalle o deposito di campagna, ma non erano abitate.
Sul “Dos del saltèr” stazionava all’epoca dal raccolto una guardia campestre. Nei paraggi passava inoltre il famoso e romantico brigante Mariamoro, del quale si raccontavano nei filò le avventure e le malefatte.
Nel 1843 vennero liquidate le antiche giurisdizioni feudali ed anche Pannone e Varano furono inseriti nell’amministrazione tirolese e furono inclusi nel Giudizio distrettuale di Mori, rimase in attività fino al 1923.
I Castelbarco vendettero ad alcune famiglie benestanti del paese le loro residue, proprietà salvo il cocuzzolo del castello con i ruderi e la cappella dei Signori.
La disposizione geografica e la qualità delle campagne di Pannone permettevano un’agricoltura varia ed anche remunerativa con il gelso e il tabacco.
Le famiglie di Pannone dovettero godere di un certo benessere se verso la metà del secolo poterono permettersi la costruzione di un nuova, grande chiesa, dedicata ai santi Filippo e Giacomo, edificata fra il 1853 e il 1866, benedetta il 24 marzo 1867 e consacrata il 26 ottobre 1881. Il completamento e l’abbellimento della chiesa venne continuato per tutti quegli anni ed inoltre fu costruito un campanile, che all’epoca era il grande della valle.
C’erano a Pannone anche alcune famiglie benestanti, vi abitava il medico condotto di Val di Gresta, che gestiva l’armadio farmaceutico, c’era il curato e c’era la scuola elementare con due aule, che accoglievano gli alunni di Pannone e Varano.
C’erano inoltre artigiani, osti e panificatori.
A Varano vi era una fabbrica di coppi e inoltre si ricorda la fabbricazione artigianale dei chiodi.
Nel 1880 venne costruito alle Dosse il Forte (Blockhaus-Pannone) dipendente dal comando militare di Riva; Certamente anche questo nuovo cantiere determina un beneficio economico.
L’agricoltura, con il piccolo allevamento del bestiame, tuttavia l’attività economica prevalente. Nel 1854 l’abitato di Pannone contava 48 case e quello di Varano ne contava 14.

IL CASTELLO DI GRESTA

Aldrighetto, Giordano e sua moglie Nicca, Signori di Gardumo vennero investiti, nel 1225 dal Vescovo Gerardo, del ”dosso” di Gresta per costruirvi un castello.
Vi costruirono cosi negli anni successivi il Castello di Gresta, posto a sud del piano di Pannone nel mezzo della Val di Gresta che in gran parte dominava a vista e che dal castello prese poi il nome.
Nel secolo successivo il castello passò ai Castelbarco e divenne sicuramente loro feudo nel 1324.
Antonio Castelbarco, signore di Gresta, fu alleato di Venezia nel corso del quindicesimo secolo; ma nel 1497 accettò l’infeudazione di Massimiliano d’Asburgo, conte del Tirolo e da allora la giurisdizione di Gresta restò tirolese fino alla sua estinzione nel 1843.
Nel 1507 Massimiliano armò e fortificò il castello e nel marzo del 1508 i veneziani tentarono di depredare i paesi di Gresta: ‘‘ e andando tremila fanti dei loro ad ardere certe ville del conte d’Agresto, furono messi in fuga dai paesani, e mortine circa trecento ” (Guacciardini, Storia d’Italia).
Ma a Pasqua dello stesso anno il castello venne bombardato e conquistato da tre compagnie della Serenissima guidate da Giovan Battista Caracciolo, dal capitano Dionisio Brentonico e dal generale Emo.
Nel 1509 Niccolò di Castelbarco tornò in possesso del castello dopo la sconfitta di Venezia ad Agnadello.
Nel sedicesimo secolo barone Niccolò di Gresta fu l’unico sopravvissuto dell’antica famiglia Castelbarco e inizio il secolare causa contro il principe vescovo di Trento per recuperare i beni dei suoi avi ed in particolare i Quattro Vicariati; essi vennero invece infeudati alla famiglia dei principi-vescovi Madruzzo.
Nostra di Castelbarco, figlia del barone Niccolò, s’innamorò di un rampollo dei Madruzzo, nemici della sua famiglia a causa della lite per i Quattro vicariati.
Il padre ed i fratelli di Nostra osteggiarono l’amore dei due giovani e si oppongono al loro matrimonio.
Allora Nostra tentò il suicidio gettandosi dalla rupe del castello; tuttavia si salvò.
Era stata promessa sposa al conte Vinciguerra d’Arco che non volle nemmeno conoscere; ma dopo il tentato suicidio aveva, pentita, raggiunse Vinciguerra, che deluso aveva cercato la morte in battaglia in Lombardia ed era stato ferito gravemente. Alla fine Nostra e Vinciguerra si sposarono nella chiesetta di Caneve d’Arco dove un graffito ricorda la cerimonia nuziale.
Nel 1654 i Castelbarco di Gresta ottennero i Quattro Vicariati e ben presto si trasferirono nel nuovo Palazzo di Loppio; l’antico castello rimase la sede della giurisdizione.
Nel 1703 il castello venne incendiato dalle truppe del generale francese Vendome nel corso della Guerra di successione spagnola.
Il castello non venne più ricostruito e con l’andare degli anni si diroccò sempre di più fino a raggiungere il degrado odierno; nel bosco infatti riusciamo ad intravedere solo pochi ruderi, imponenti ma pericolanti.
Nel 1880-81 venne costruito un forte austriaco su un’altura nei pressi del castello, a conferma dell’importanza strategica del luogo.

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